Elezioni regionali, ultimo atto. 5 a 1 o 3 a 3?

Una riflessione di Andrea Mazzoni

Il percorso di avvicinamento alle elezioni regionali è stato lungo e tortuoso. Interrotto da una pandemia globale che in qualche modo ha cambiato scenari e rapporti di forza. Infatti è bene ricordare che si tratta della prima tornata elettorale dopo il lockdown ed è lecito attendersi una decisa politicizzazione del voto che risentirà delle vicende nazionali e della gestione dell’emergenza, su scala nazionale e locale. Probabilmente sull’esito del voto e sul giudizio dei governatori peseranno più questi mesi che i precedenti 5 anni seppur vi siano, come nel caso di Zaia e Toti, Presidenti di Regione che avevano costruito da lontano il successo che raccoglieranno alla urne.

Ad una prima occhiata possiamo notare come tra i Governatori uscenti, il solo Emiliano gioca una partita combattuta, dall’esito imprevedibile, in cui i sondaggisti vedono leggermente avanti il suo sfidante Fitto.

Mentre in Campania proprio grazie alla gestione dell’emergenza De Luca ha visto schizzare alle stelle il suo gradimento e, a oggi, può essere considerata l’unica vittoria in cassaforte per il centrosinistra. Paradossale come fino a febbraio all’interno del Pd si stesse sviluppando il ragionamento sulla possibile defenestrazione del Governatore per favorire un accordo con il M5S, in attesa di convergere sul Ministro dell’ambiente Costa o sul Ministro dell’Università Manfredi.

Singolare la situazione nelle Marche, dove il Governatore uscente Ceriscioli, che dapprima non godeva di grande popolarità, a tal punto da costringere il Pd a negargli la riconferma, con la gestione della pandemia ha registrato una significativa impennata nei consensi. Alcuni esponenti del centrosinistra sono tornati poi in pressing affinché riconsiderasse una sua candidatura, sostituendo il candidato designato Mangialardi, scelto dallo stesso Ceriscioli. L’operazione non è andata a buon fine, con il Presidente uscente che ha mostrato una buona dose di risentimento e delusione per lo svolgimento della vicenda, ma una candidatura di Ceriscioli avrebbe reso la sfida sicuramente più aperta.

A tutto ciò va aggiunto la questione relativa al referendum, che il M5S ha imposto di votare nello stesso giorno delle regionali, auspicando un effetto traino del Sì sulle liste pentastellate. Sulla consultazione si stanno scaricando tutte le tensioni interne alla maggioranza e tra governo e opposizione, che punta a dare una spallata fatale all’esecutivo. Il Sì sembra avere un margine incolmabile ma tanto dipenderà dall’affluenza nelle regioni in cui non si vota, dove il No dovrebbe prevalere. Ci sarà da capire quanto questa affluenza potrà tirare su le percentuali del No.

Ma vediamo nel dettaglio Regione per Regione le dinamiche politiche che hanno influenzato questi mesi di avvicinamento al voto.

  • In Veneto come anticipato non ci sarà partita con Zaia, secondo molti sondaggi, avanti addirittura di 40 punti, che farebbe registrare il successo più largo nella storia delle elezioni regionali. La partita vera sarà all’interno del centrodestra, per stabilire la primazia nella regione e valutare i rapporti di forza nella coalizione, e in particolare dentro la Lega. Salvini teme infatti che la lista del Presidente possa conseguire un affermazione senza precedenti, svuotando la lista della Lega e lanciando, di fatto, la corsa di Zaia alla leadership del Carroccio.
  • In Liguria Toti partiva saldamente avanti e a lanciargli la volata sono state le difficoltà e le lungaggini di Pd e 5S nella scelta del candidato. Anche qui il vantaggio è molto ampio e non ci saranno sorprese.
  • In Toscana la competizione è più serrata di ciò che si potesse pensare. La notizia è proprio questa: la regione è contendibile. Il vantaggio di cui godeva Giani pareva difficile da colmare, ma il recupero di Ceccardi è stato imponente e costante, come dimostrato da tutte le rilevazioni nazionali, alcune delle quali nell’ultimo giorno disponibile per la pubblicazione dei sondaggi, si sono spinte ad asserire che la candidata di centrodestra avesse oramai agganciato lo sfidante, se non addirittura superato. Chiaramente la sconfitta in Toscana produrrebbe un cataclisma al quale sarebbe difficile resistere per il governo. La partita si giocherà nel classico duello tra centro e periferia. L’affermazione di Giani, la cui composizione delle liste ha lasciato pesanti strascichi, dipenderà da Firenze, suo principale bacino. Se vincerà la competizione dipenderà dal margine accumulato nel capoluogo toscano, che vive lo storico scontro con la provincia e i suoi campanili, in cui Ceccardi sembra poter prevalere, con l’esclusione di Livorno.
  • Nelle Marche la situazione appare leggermente più chiara. Oltre al balletto sull’accordo tra Pd e 5Stelle, i sondaggi hanno fotografato un elettorato piuttosto mobile, che in questi mesi ha ripetutamente cambiato opinioni e preferenze. Dapprima il largo vantaggio del centrodestra, poi il recupero del Pd grazie alla crescita del gradimento di Ceriscioli con la gestione dell’emergenza, infine un rimbalzo di Acquaroli che ad oggi sembra aver guadagnato un discreto margine. La partita è ancora da giocare ma il centrodestra parte davanti, come testimoniato nei giorni scorsi dai sondaggi pubblicati da Il Sole 24 ore.
  • In Campania, come detto, De Luca ha accumulato un vantaggio stratosferico. Il Governatore uscente ha visto crescere la sua popolarità in maniera esponenziale, così come Zaia. Anche grazie alle sue dodici listi il Presidente uscente viene stimato sopra il 50%, oltre 30 punti sopra Caldoro, secondo il sondaggio di Ipsos pubblicato da Il Corriere della Sera.
  • In Puglia si gioca forse la partita decisiva. Insieme alla Toscana è la Regione più incerta e i sondaggisti stessi non si sbilanciano, parlando di una sostanziale parità, con alcuni che vedono leggermente più avanti Fitto. Emiliano si presenta con la coalizione più “stretta”, senza 5Stelle e senza la gamba centrista che sostiene Scalfarotto. Il Pd invita al voto disgiunto gli elettori grillini, che potrebbero esprimere preferenza per la lista 5Stelle e contemporaneamente votare Emiliano come candidato presidente. Solitamente lo scostamento del voto disgiunto supererà raramente i 2 punti e mezzo percentuali, ma in questo caso potrebbero essere determinanti. Nel barese Emiliano è davanti, in Salento il Pd non è in buona salute e sarà interessante vedere come si orienteranno i molti elettori pentastellati delusi dalla gestione della vicenda gasdotto. Nel foggiano si sfidano esperti cacciatori di preferenze, ma il cdx è storicamente più forte (anche qui il voto degli ex elettori 5Stelle sarà determinante).

Allo stato attuale potrebbe pertanto profilarsi un pareggio oppure una larga vittoria del centrodestra che conquisterebbe 5 Regioni su 6, 3 delle quali non amministrava. Possibile che la verità sia nel mezzo delle due ipotesi, che vedrebbe comunque rilanciare il percorso dell’opposizione verso le elezioni politiche. Conseguentemente l’autunno del governo, attraversato da molte tensioni, tra cui scuola, trasporti, economia e questione referendum/legge elettorale, non sarebbe di facile gestione e la situazione potrebbe farsi ancor più critica in primavera (dopo i decreti attuativi per la legge costituzionale e il ridisegno collegi), quando si aprirebbe l’ultima finestra utile per il voto anticipato, prima dell’inizio del semestre bianco. Probabile che il Governo per allungare la sua vita possa optare per un rimpastino di governo, con la sostituzione di 2 o 3 Ministri massimo (e con il probabile ingresso di Zingaretti nell’esecutivo), senza andare oltre per evitare un nuovo voto di fiducia in Parlamento.

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