Il tempo delle scelte

di Riccardo Fioriti – Account manager Solving BFM

Per la politica italiana è giunto il tempo delle scelte, il momento di varare la famigerata fase 2, affinché la pandemia non si trasformi da emergenza sanitaria a disastro sociale e economico. La decisione del governo italiano di chiusura totale delle attività e la richiesta, fatta alla popolazione, di chiudersi in casa, è stata una risposta giusta ad una situazione drammatica, che ha trovato il nostro paese, come l’intera Europa, del tutto impreparato ad affrontare tale realtà.

Oggi, però, tergiversare circa il piano per la ripartenza, aspettando che la nottata passi, sta materializzando il più grande divario tra categorie sociali dal dopoguerra ad oggi. La chiusura delle scuole pubbliche fino alla fine dell’anno scolastico e l’assenza di un’idea-forza, da parte della politica, su come affrontare il prossimo futuro, rischia di acuire tale discriminazione. Dire che nessuno verrà bocciato e che il percorso formativo possa essere concluso con le lezioni on line diventa l’ideologia discriminante. Secondo i dati del Ministero dell’istruzione il 6% degli studenti non accede a nessun tipo di didattica on-line per assenza di infrastruttura informatica. Inoltre, in maggioranza, coloro che sono serviti dalla rete vi accedono tramite smartphone, che in molti casi viene usato da più persone all’interno del medesimo nucleo familiare. Secondo i dati Istat il 12,3% dei ragazzi tra i sei e diciassette anni non ha un pc o un tablet a casa. Il 57% di chi ne possiede uno, inoltre, lo deve condividere con altri. A questi dati va aggiunta un’altra amara considerazione: molto spesso gli adulti all’interno di queste famiglie non hanno le competenze per seguire i propri figli.

Sarebbe stato auspicabile e opportuno se il Ministero avesse modulato l’offerta formativa, riaprendo le scuole pubbliche per i ragazzi socialmente più deboli e con minori possibilità e prevedendo il percorso on-line per tutti gli altri. Ciò poteva avvenire in totale sicurezza sanitaria considerando che il rientro in aula, secondo i dati sopra citati, avrebbe riguardato meno della metà della popolazione studentesca. I dirigenti scolastici conoscono con precisioni le condizioni sociali e le dinamiche familiari dei loro studenti e di conseguenza avrebbero potuto regolare l’offerta formativa, on-line o fisicamente, secondo le specifiche esigenze di ognuno di loro, in assoluta garanzia sanitaria.

Sempre secondo i dati Istat, quei ragazzi con minori opportunità, spesso, sono coloro i quali vivono anche in condizioni di sovraffollamento o di disagio abitativo. E’ del tutto evidente che la condizione di limitazione della libertà di circolazione, circoscritta all’interno della propria abitazione, non ha le medesime ricadute tra chi vive nella situazione sopra descritta rispetto a coloro che possono godere di comfort, ampi spazi e possibilità tecnologiche. Numerosi psicologi di chiara notorietà nelle ultime ore hanno dichiarato pubblicamente che questo lockdown avrà ripercussioni profonde e strutturali su bambini e ragazzi, che vivono la duale angoscia relativa all’incertezza sul futuro e alla rivoluzione del nuovo stile di vita che frustra la loro esuberanza giovanile.

La riapertura degli spazi pubblici dovrà essere il prossimo, improcrastinabile, passo, prevedendo il rigoroso rispetto delle misure straordinarie (distanziamento sociale, mascherine, evitare assembramenti, ecc..), che probabilmente nel prossimo futuro e per qualche tempo, dovranno essere la regola, modificando radicalmente il nostro stile di vita, dai rapporti interpersonali e parentali alla sfera lavorativa. Nella consapevolezza che per un po’ dovremmo convivere con questo virus, imparare a fronteggiarlo socialmente, senza prestargli il fianco, ognuno facendo la sua piccola parte.

Il pericolo che corriamo è quello di ritrovarci, passata l’emergenza, un’Italia impoverita economicamente ma, soprattutto, divisa e devastata socialmente. Il tempo delle scelte, ahìnoi, è arrivato.

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