Europa: tra forma di governo e di stato

Un duplice paradosso caratterizza l’organizzazione costituzionale dell’Unione Europea:
1) non è uno Stato ma ha una forma di Stato;
2) ha un governo ma non è una forma di governo.
La forma di stato è il rapporto che intercorre tra i governanti e i governati, ovvero tra l’autorità e l’individuo, nonché i principi e i valori a cui lo Stato ispira la sua azione; la forma di governo, invece, serve a chiarire i modi in cui il potere è distribuito e organizzato tra gli organi principali dello Stato, nonché l’insieme dei rapporti che si definiscono tra gli organi stessi.
Le due nozioni sono strettamente collegate fra loro da un rapporto di strumentalità. Ad una specifica forma di Stato corrisponde una tendenziale forma di governo, e quindi una organizzazione del potere strutturata secondo determinati canoni e criteri derivanti dalla forma di Stato adottata in quel dato ordinamento.
L’Unione Europea ha una sua forma di Stato, come è stato dimostrato in dottrina. Il nucleo originario della forma di Stato della UE è senz’altro la rule of law: principio e concetto ampliato nella sua declinazione europea per il tramite, inizialmente, della giurisprudenza della Corte di Giustizia, la quale «assicura il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione» del Trattato. Con l’approvazione e l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona nel dicembre del 2009, la forma di Stato della UE è chiaramente definita: a cominciare dal preambolo del Trattato, laddove si afferma che questo è ispirato «alle eredità culturali, religiose e umanistiche dell’Europa, da cui si sono sviluppati i valori universali dei diritti inviolabili e inalienabili della persona, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza e dello Stato di diritto». E poi – soprattutto – con la codificazione dei diritti e delle libertà fondamentali nello spazio giuridico europeo, derivanti dalla Carta di Nizza.
C’è, poi, la questione del deficit democratico. Il problema si è sviluppato soprattutto a causa della carenza di legittimazione delle istituzioni europee. Da qui la denuncia sulla debolezza del ruolo e sulla sterilità delle funzioni del Parlamento europeo, che lo privano di una autentica legittimazione, e poi più in generale sulla forma di governo europea, che si manifesta in tutta la sua natura burocratica piuttosto che democratica. Critiche alle quali il Tribunale costituzionale federale nella Maastricht-Urteil (1993) ha provato a dare risposte, sostenendo che la legittimazione democratica degli assetti comunitari è “mediata” dalla democraticità degli assetti costituzionali degli Stati membri.
E, veniamo alla forma di governo.
Che il sistema di governo della UE, la cd. governance istituzionale, sia per certi versi più efficiente di quelli degli Stati membri, è chiaro. In nessun Paese europeo, i singoli ministri del governo nazionale sono sottoposti ad un preventivo vaglio individuale dal Parlamento. Ciò avviene solo nella UE e negli Stati Uniti, ove i ministri ed i titolari di alcune altre posizioni di vertice, designati dal Presidente, sono sottoposti a confirmation Hearings presso il Senato».
Il Trattato di Lisbona ha formalizzato un doppio sistema decisionale, come sostenuto da Sergio Fabbrini: un sistema di governo fondato su un quadrilatero istituzionale strutturato su un legislativo bicamerale (Consiglio dell’Unione e Parlamento) e un esecutivo duale (Consiglio Europeo e Commissione). Un sistema di governo separato, dove nessuna istituzione dipende dalla fiducia delle altre in quanto reciprocamente indipendenti, sia pure attraverso un meccanismo definibile come checks and balances. Un sistema di new mode of government. Un nuovo modo di governare ma non una nuova forma di governo.

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