La Silicon Valley si tinge di rosa

Lo Stato della California apre le porte alle donne nei cda. Il governatore Jerry Brown ha firmato la prima legge di questo tipo negli Stati Uniti. Un cambio di passo, lontano dalla tradizione liberale americana.

La legge, infatti, richiede alle società quotate in Borsa con headquarter in California, entro la fine del prossimo anno, di includere almeno una rappresentanza femminile nei consigli di amministrazione. Inoltre, dispone, entro il 2021, che le società quotate con più di cinque consiglieri abbiano almeno due consiglieri donne, e società con consiglio di amministrazione composti da più di sei consiglieri, abbiano almeno tre donne nei loro board.

Non è mancata la reazione dell’Amministrazione Trump: il Dipartimento Giustizia, infatti, è pronto a bloccare la legge, perché contro l’approccio del governo federale di deregolamentare la rete. Anche la Chamber of Commerce della California ha già criticato la norma mettendo in evidenza che viola la costituzione perché mette le società nella posizione di respingere o sostituire uomini nei loro consigli di amministrazione.

Un anno fa Anna Gatti – laureata in economia alla Bocconi, da quasi 20 anni in Silicon Valley – aveva brevemente descritto sul Sole24Ore “TheBoardlist”, una delle iniziative nate per promuovere la presenza delle donne nei board Americani, sottolineando la differenza tra un approccio legislativo italiano e un approccio più di network americano, lasciando aperta la domanda su quale dei due approcci potesse dare risultati migliori. Oggi, in Usa, il 18% dei board delle 3.000 più grandi società quotate è occupato da donne. E considerando il trend dei primi cinque mesi dell’anno, tale percentuale sarà in crescita per la fine dell’anno. Nonostante ciò, i consigli di amministrazione rimangono ancora un “Boys Club”.

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