“Sin da subito abbiamo immaginato la nostra professione come quella di un sarto, capace di realizzare un vestito sulle forme e le misure dei propri clienti”

Solving BFM ha visto per la prima volta la luce davanti ad un caffè, quasi quattro anni orsono. Le idee che apparecchiavano quel tavolino, di un noto bar perugino, ci portarono in maniera improvvisa, ma naturale, a destinazione. Un luogo nuovo, per tre professionisti, di età diversa e provenienti da ambiti diversi, con in comune la meta di un percorso, lastricato di sudore, sacrifici e passione. O meglio, lì apparse come una meta, ma in ognuno di noi c’era la consapevolezza che quell’approdo significasse voltare pagina ed incominciare a scrivere un libro nuovo. Magari quel libro della vita che ciascuno di noi serba nel cassetto più intimo del suo io.

Così cominciò questo nuovo, affascinante, e per certi versi misterioso viaggio. In compagnia dell’entusiasmo delle grandi partenze fu un gioco da ragazzi scegliere la nostra meravigliosa location, come arredarla e come viverla. Arduo fu invece trovare la nostra identità in un contesto non agevolatissimo e in un mercato piuttosto saturo. Perché l’identità sarà pure una sovrastruttura, ma se non sai chi sei, spiegare agli altri ciò che fai è davvero complicato. L’aiuto di un buon bicchiere di vino fu fondamentale. Capimmo al volo che si trattava di mettere a sistema le nostre competenze, che si affacciavano in un mondo che ben conoscevamo sotto un’altra veste. Senza trascurare i pregiudizi che, fuori dal mondo anglosassone, questo tipo di professione si porta dietro. Non era un problema di spalle larghe. Quelle non sono mai mancate. Si trattava di interpretare la figura del professionista delle pubbliche relazioni in una maniera nuova. Diciamo pure che si trattava di contaminare quella figura con il nostro bagaglio di esperienze, la nostra impostazione e la nostra cultura del lavoro, che è fatta di serietà, cura dei dettagli, flessibilità e determinazione.

Sin da subito abbiamo immaginato la nostra professione come quella di un sarto, capace di realizzare un vestito sulle forme e le misure dei propri clienti. Di confezionare un abito che veste solo quella persona, che avrebbe dovuto coglierne l’unicità. E con quella cura e quella sensibilità raccogliere gli stimoli, la conoscenza, la passione del nostro interlocutore per proiettarla all’esterno. Curare nei minimi particolari l’immagine, in un perpetuo sforzo di interpretazione e comunicazione, che fa la differenze nell’agone globale. Chiamiamolo pure mercato, questo luogo senza oramai confini, in cui ognuno lotta per ritagliarsi il suo spazio. Dunque si trattava di comunicare un qualcosa, un prodotto, un servizio, un progetto, in un certo modo, nei confronti di chi spesso non vuol sentire. La mediazione con il pubblico rappresenta un segmento di estrema delicatezza che richiede conoscenza, linguaggio, abilità. E spesso essere i più bravi o avere il prodotto migliore non basta.

Senza fare della estenuante retorica nei confronti della politica, di cui l’Italia è vittima da troppi decenni, ciò che serve è immedesimarsi nei panni del decisore, del rappresentante, che è bombardato da mille richieste e ha poco tempo a disposizione. E noi in quel poco tempo siamo chiamati a guadagnare la sua attenzione e destare in lui una qualche impressione. E ciò non è possibile senza sapere chi abbiamo davanti, la sua storia, la sua sensibilità. Ma ancora più importante è conoscere quali siano gli altri interessi in gioco. Spesso molteplici e contrapposti. Per tali ragioni abbiamo capito che in quel poco tempo che ci è concesso non rappresentiamo solamente gli interessi di una parte, ma svolgiamo anche un importante servizio di mediazione tra gli attori in campo. La miglior decisione è quella che scontenta il meno possibile le diverse parti in causa. Noi abbiamo deciso di mettere le nostre competenze, imprenditoriali, normative, amministrative, gestionali, a disposizione di questo articolato e complesso processo di composizione degli interessi particolari, fino a giungere all’interesse generale, che non è mai precostituito. Ciò significa interpretare il nostro lavoro in maniera proattiva, sempre votati all’azione, per sensibilizzare il legislatore su specifiche tematiche, ovvero individuare i codici più adeguati per migliorare o costruire ex novo la normazione di un determinato settore, sempre tutelando gli interessi che siamo chiamati a rappresentare per apportare un vantaggio competitivo nel mercato ai nostri clienti. La cui immagine rappresenta la nostra stella polare. Il vestito.

Tale sforzo si inserisce in un contesto e in un clima, quello italiano, che rende il nostro percorso ancor più impervio e accidentato. Il nostro mestiere nasce ed è ampiamente legittimato, fino a venir riconosciuto come indispensabile, nei paesi anglosassoni. Lì, i decisori, i rappresentanti politici, alla luce del sole scelgono quali interessi particolari tutelare e le loro campagne elettorali sono finanziate da aziende o fondazioni piuttosto che da altre. Non è nostro interesse dire se sia meglio un modello piuttosto che un altro, poiché a dividerci ci sono storie, culture e sistemi. Ciò che è indiscutibile però sono i meccanismi di trasparenza che da un lato consentono di mappare, vigilare e conoscere, permettendo alla nostra professione di crescere e di svolgere un ruolo determinante all’interno del processo decisionale, mentre dall’altro fanno sì che la rappresentanza degli interessi assuma dei contorni sempre più squallidi e nebulosi, senza che i pregiudizi possano essere lavati via, nonostante gli sforzi di numerosi professionisti che ogni giorno con passione e intelligenza svolgono il proprio lavoro. Il nostro impegno pertanto è finalizzato alla crescita di questo bellissimo lavoro e intendiamo apportare il nostro contributo per generare quel cambiamento sociale e culturale necessario per la pulizia e la trasparenza delle relazioni pubbliche, a tutti i livelli. Se funziona il rapporto tra il privato e il pubblico funziona la società, funziona lo Stato. E noi vogliamo fare la nostra parte. Questo ci fu chiaro davanti a quel primo caffè. Dove ci porterà non lo sappiamo ancora, ma non vediamo l’ora di scoprirlo.

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